Non andavo al circo da 22 anni. Ne ho 26.
I miei cugini più piccoli volevano andarci e a quei faccini mia madre ed io non abbiamo saputo dire di no.
Siamo arrivati con largo - troppo - anticipo e c'era una tigre chiusa in un recinto, esposta per attirare la curiosità di grandi e piccini. Era rivolta al capannone, dava le spalle ai curiosi e si leccava la zampa.
Dentro un odore di pop corn, sterco e sudore, sotto un tendone rosso. I bimbi stavano attenti a scovare per primi un elefante o un cavallo, i grandi a non farli cadere fra i gradini dei seggiolini pericolanti. Dopo molto lo spettacolo è iniziato, son volati coltelli e torce infuocate. Due donne e quattro uomini. Un one man show che faceva dal presentatore a lanciatore di coltelli, dal domatore di bestie feroci al trapezzista. E una one woman show che ha: scattato le foto ricordo, presentato quanto non lo faceva l'altro, domato e mostrato i serpenti al pubblico.
La seconda attrazione ad entrare sul palco tondo sono stati i cavalli. Bianchi e snelli, maestosi e tristi. Gli occhi vacui rivolti a terra giravano in tondo sotto la minaccia del frustino del one man show. Chissà quante ne hanno prese di frustate quei cavalli. A fare eco ai miei pensieri, Peppe 8 anni, mi chiede: "ma poi i cavalli dopo tornano liberi?". La risposta è no. E la verità è che il circo mi fa orrore, come lo zoo. Che gli occhi di quegli animali esotici, pericolosi, in via d'estinzione o no mi fanno male e al circo non mi va di andarci più. Neanche fra altri venti anni.
Il Circo porta scarrozza in giro tanta tristezza, tutta quella che il capannone può contenere e gli occhi di quegli animali amplificare.
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