giovedì 6 settembre 2012

Una settimana senza che mi ha dato molto di più

Senza internet. Senza Facebook e Twitter. Senza giornali o tv. Solo un po' di radio. Senza accendere un computer, mettere una password, lanciare un programma. A Circa 3000 chilometri da casa. A un certo punto mi si è anche spento il cellulare. Niente chiamate o messaggi. Non ricordavo neanche più come funzionasse questo oggetto un po' vintage e difficilmente rintracciabile: la cabina telefonica.

Il primo giorno è stato fastidioso, un qualcosa che non sapevo spiegare, sia fisico che psicologico. Una improvvisa interruzione della routine e delle abitudini. Pian piano però ho notato che iniziavo a ricordare di più, a fare pensieri più elaborati, a venirmi in mente trame per racconti o ricordi più vividi. Mi è venuta voglia di oziare e di annoiarmi, perchè in quella condizione inedita il nostro cervello si defremmenta e fa spazio. Mi sono resa conto di quanto tempo inutile investiamo a farci i fatti degli altri, guardare che fanno e come lo fanno da dietro a uno schermo, quanto poco invece investiamo sul serio nel vedere gli amici o raccontarci sul serio a qualcun altro.

Sono tornata e avevo 300 e-mail, la maggior parte delle quali inutili. Una decina di queste, importanti, hanno retto benissimo a questa mia assenza. Dovremmo fare le cose senza ansie. Spegnere i mondi virtuali e far vivere quelli reali. Prenderci tempo e dedicarci a quello che conta davvero.

E quindi dopo le 8 ore di lavoro, spento il pc non lo riaccendo più. Non si inseriscono password il sabato o la domenica. Più tempo all'aria aperta e a farsi venire le idee, incuriosirsi, cimentarsi in esperienze diverse.
Il mondo può aspettare.